sabato 19 marzo 2016

Se invece della deflazione c’è troppa inflazione


Se invece della deflazione c’è troppa inflazione

Il 2 marzo ho pubblicato un articolo che paventava il ritorno dello spettro della deflazione. Per scongiurarlo Mario Draghi, giovedì scorso, ha annunciato una serie di importanti manovre. Francoforte si è concentrata soprattutto sui tassi di interesse, portando a zero il tasso ufficiale di riferimento (cioè il costo che le banche dell’eurozona pagano alla Bce per ottenere in prestito denaro). Mai così basso anche il tasso sui depositi delle banche presso la Bce stessa, già in territorio negativo, abbassato a -0,40%, con l’intento di scoraggiare le banche a parcheggiare liquidità presso la Bce. Cresciuto anche il Quantitative Easing; aumentati da 60 ad 80 miliardi di euro mensili gli acquisti di titoli, aprendo le porte anche alle obbligazioni non bancarie denominate in euro, emesse da imprese europee, che abbiano un rating “investment grade”. Infine il lancio delle nuove Tltro, della durata di quattro anni, che verranno offerte, a partire da giugno, a un tasso di interesse pari a zero; ma le banche che offiranno prestiti maggiori di soglie predeterminate potranno beneficiare di tassi negativi, fino a -0,40% il tasso sui depositi detto.

Questo lo scenario nel vecchio continente; molto diversa la situazione negli Stati Uniti.

Il dato che ha finora guidato la Fed nella politica monetaria non è stato l’Indice dei Prezzi al Consumo, ma il Job Report. In pratica l’andamento della disoccupazione e conseguentemente la creazione di nuovi posti di lavoro. L’andamento dell’inflazione ha avuto finora un ruolo marginale, ma secondo alcuni analisti, negli Stati Uniti questa starebbe aumentando in maniera un po’ troppo rapida. L’indice “core” di febbraio, esclusi i beni alimentari ed energetici, si è attestato al +2,30% su base annua, ovvero al tasso più alto dal maggio del 2012. In quel mese la discesa del prezzo del barile ai minimi pluriennali  (su base mensile, i prezzi energetici sono scesi di ben -6%) ha nascosto il dato dell'inflazione lorda ad appena l'1%, ma la risalita in area 40dollari di questi giorni lo enfatizzerà. Tutto ciò potrebbe allarmare la Fed tanto da spingerla in futuro a rialzi aggressivi dei tassi, soprattutto se dovesse concretizzarsi nel medio periodo il rialzo ad 80 dollari, previsto ad esempio dall'AD di Eni De Scalzi. 

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