sabato 29 luglio 2017

Le stampanti in 3D cambieranno i processi produttivi


Le stampanti in 3D cambieranno i processi produttivi

I progressi nella produzione spesso impiegano del tempo per affermarsi. Solo in un secondo momento la loro vera portata appare evidente. 

La spoletta volante, inventata nel 1733 da John Kay, un tessitore britannico, consentì la produzione di pezzi di stoffa più grandi. Poiché il suo movimento poteva essere meccanizzato, la spoletta divenne poi una delle innovazioni che aprirono la strada alla Rivoluzione Industriale. 

Nel 1913 Henry Ford produsse l’automobile per le masse - il suo famoso modello T - su una catena di montaggio; ma fu Ransom Olds, un decennio prima, a farsi balenare l’idea di una linea di montaggio che facesse aumentare notevolmente la produzione della sua Curved Dash, auto a benzina della Oldsmobile. 

Per tutti gli anni ’80 i dirigenti automobilistici erano perplessi relativamente al Toyota Production System, di Taiichi Ohno ed i suoi strani metodi, come la consegna dei pezzi col sistema “just-in-time”. Ora è universalmente utilizzato.

Come sfruttare quindi il potenziale della “stereolitografia”, inventata da Chuck Hull nel 1983? Hull è il co-fondatore della 3D Systems, una delle aziende in crescente espansione che producono le cosiddette stampanti in 3D. Queste macchine permettono di disegnare un prodotto sullo schermo del computer e poi “stamparlo” come oggetto solido aggregando gli strati di materiale, in successione. La stereolitografia è tra le dozzine di approcci alla stampa in 3D (nota anche come manifattura additiva).

La stampa 3D è diventato un modo comune di produrre i singoli prototipi, perché i cambiamenti si possono fare in maniera più semplice ed economica modificando il software di una stampante in 3D che resettando gli strumenti in fabbrica. Ciò significa che questa tecnologia è l’ideale per la produzione in piccolo, come per i prodotti artigianali quali i gioielli, o per personalizzare prodotti come le protesi. Le corone dentali e gli auricolari per chi ha problemi di udito sono già prodotti a migliaia con le stampanti in 3D. Siccome deposita il materiale solo dove è necessario, la tecnologia è anche adatta a creare forme leggere e complesse per prodotti di grande valore, che vanno dai velivoli alle macchine da corsa. Ad esempio, GE ha speso un miliardo e mezzo di dollari in questa tecnologia per produrre pezzi per i motori dei jet.

Gli scettici però ancora prevalgono quando si tratta di merci prodotte su larga scala. Sostengono che le stampanti in 3D sono troppo costose e troppo lente; infatti possono impiegare 2 giorni per creare un oggetto complesso. A differenza delle tecniche introdotte da Kay, Olds e Ohno, si pensa che la manifattura additiva non rivoluzionerà mai la produzione di massa. Un tale scetticismo sembra sempre meno credibile.

Alcuni dei nuovi metodi ora emergenti della stampa in 3D dimostrano che i suoi inconvenienti possono essere superati. L’Adidas, per esempio, ha cominciato a usarne uno - si chiama Carbon e sfrutta la luce ultravioletta - per produrre le suole delle scarpette da ginnastica estraendole, completamente formate, da un contenitore di un polimero liquido. La tecnica sarà usata in alcune nuove fabbriche altamente automatizzate in Germania e in America per immettere sul mercato un milione di scarpe all’anno, in maniera più rapida rispetto ai procedimenti tradizionali. 

Come nelle precedenti rivoluzioni nella produzione, le fabbriche ci metteranno tempo per trasformarsi. L’abilità della mano umana, per esempio, ancora supera gli sforzi per introdurre la produzione completamente automatizzata dei tessuti. Ma l’automazione si sta diffondendo ad ogni linea di produzione in ogni Paese, e la stampa in 3D è parte di questa tendenza. Con l’aumentare dei salari in Cina, alcune delle sue linee di produzione di massa si stanno attrezzando non solo con i robot, ma anche con le prime stampanti in 3D. E con l’accorciarsi della catena di fornitura globale, gli industriali vorranno usare la manifattura additiva per personalizzare i prodotti adattandoli alle richieste dei consumatori locali. E’ difficile prevedere tutte le conseguenze della diffusione di questa tecnologia. Ma quando si manifesteranno con chiarezza, il nome di Hull potrà a buon diritto essere associato a quello di gente come Kay, Olds e Ohno.