sabato 8 ottobre 2016

La Banca Mondiale rinnova la spinta contro la disuguaglianza


La Banca Mondiale rinnova la spinta contro la disuguaglianza

La Banca Mondiale ha chiesto a gran voce una nuova spinta per affrontare la disuguaglianza, dopo aver segnalato che la distanza tra ricchi e poveri rischia di contrastare la sua ambizione di eliminare la povertà estrema entro il 2030.

Prima del suo incontro annuale con il Fondo Monetario Internazionale a Washington DC questa settimana, la Banca Mondiale ha dichiarato che il numero di persone che vivono con meno di 1.90 dollari al giorno – cifra ritenuta la soglia della povertà estrema - aveva continuato a diminuire nonostante il rallentamento  dell’economia globale negli anni successivi alla crisi finanziaria. Ha aggiunto che una crescita più rapida e una serie di misure contro la disuguaglianza sarebbero necessarie per raggiungere i due obiettivi, strettamente connessi, fissati dal Presidente Jim Yong Kim: ridurre la povertà da poco meno dell’11% della popolazione globale al 3% e aumentare i redditi del 40% più povero della popolazione in ciascun Paese.

Nella prima edizione di un nuovo studio annuale – Povertà e Prosperità Condivisa – che segnerà la direzione nell'affrontare la povertà globale, la Banca ha affermato che il numero di persone che vivono con meno di 1.90 dollari al giorno è sceso di 100 milioni portandosi a 767 milioni tra il 2012 e il 2013, ultimo anno per cui sono disponibili i dati complessivi.

“E’ da sottolineare che i Paesi hanno continuato a ridurre la povertà e ad aumentare la condivisione della ricchezza in un momento in cui l’economia globale sta crescendo meno del potenziale, ma ancora troppe persone vivono con troppo poco” ha dichiarato Kim.

“A meno che non riusciamo a riprendere una crescita globale più rapida e a ridurre la disuguaglianza, rischiamo di perdere l’obiettivo della Banca Mondiale di porre fine alla povertà estrema entro il 2030. Il messaggio è chiaro: per eliminare la povertà dobbiamo fare in modo che la crescita vada a vantaggio dei più poveri, e uno dei modi più sicuri di fare ciò è ridurre la forte disuguaglianza, specialmente nei Paesi ad alto tasso di povertà”.

I progressi registrati nel 2013 sono stati dovuti principalmente allo sviluppo in Cina, Indonesia e India, lasciando la metà dei poveri del mondo a vivere nell’Africa sub-sahariana. I tassi di povertà sono scesi al 3.5% nell’Asia Orientale e nel Pacifico – la regione che include la Cina -  e al 15%  nell’Asia Meridionale – la regione che include l’India – ma rimangono al 41% nell’Africa sub-sahariana.

La Banca ha scoperto che in 60 degli 83 Paesi studiati, i redditi medi del 40% dei più poveri sono aumentati tra il 2008 e il 2013 nonostante la più grave recessione globale dal periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale.

Nel clima  di  crescente avversione alla globalizzazione derivante dalla preoccupazione che i ricchi si  accaparrino  i vantaggi del libero scambio, la Banca ha affermato che la disuguaglianza è diminuita notevolmente a partire dal 1990. La riduzione del gap è stata dovuta  alla rapida crescita  dei maggiori Paesi emergenti, in particolare Cina e India.

La Banca ha chiarito che all'interno dei singoli Paesi il miglioramento è stato più disomogeneo. In 34 degli 83 Paesi presi in esame, le differenze di reddito si sono ampliate dal 2008, con i redditi del 60% più ricco che sono cresciuti più rapidamente rispetto a quelli del 40% più povero.
   Dopo aver studiato un gruppo di Paesi - inclusi Brasile, Cambogia, Mali, Perù e Tanzania - la Banca ha sostenuto la necessità di un approccio multi-fattoriale, articolato in 6 punti, per affrontare la disuguaglianza. Ciò significa:
1. Un’azione sulla prima infanzia mirata a migliorare la nutrizione;
2. Una copertura sanitaria totale;
3. Un accesso generalizzato a buone scuole;
4. Trasferimenti di denaro alle famiglie povere;
5. Un miglioramento delle infrastrutture (strade ed elettricità);
6. Una tassazione progressiva per redistribuire risorse facendole transitare dai ricchi ai poveri.
   
“Alcune di queste misure possono rapidamente avere un impatto sulla disuguaglianza del reddito. Altre apporteranno benefici più gradualmente. Nessuna è una cura miracolosa” ha dichiarato Kim. “Ma tutte sono sostenute da forti evidenze e molte sono alla portata dei Paesi, sia dal punto di vista finanziario, sia tecnico. Adottare le stesse politiche non significa che tutti i Paesi otterranno gli stessi risultati, ma le politiche che abbiamo individuato hanno funzionato ripetutamente in vari contesti in diverse parti del mondo”.

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