sabato 18 giugno 2016

“C'è un solo bene: il sapere. E un solo male: l'ignoranza”


“C'è un solo bene: il sapere. E un solo male: l'ignoranza"


“C'è un solo bene: il sapere. E un solo male: l'ignoranza", diceva Socrate. E non è solo teoria, piuttosto un’idea antica quanto attuale su come l’ignoranza possa avere ripercussioni negative sulla vita di tutti i giorni. Spesso però ce ne rendiamo conto solo quando la non conoscenza ci induce a comportamenti sbagliati o dettati dal sentito dire, di cui invece dobbiamo sopportare le conseguenze. In campo finanziario il discorso non cambia, anzi, il peso delle scelte sbagliate possiamo misurarlo direttamente nelle nostre tasche. 

Proprio noi italiani dovremmo saperlo bene. Se da un lato siamo un Paese con un’elevata propensione al risparmio,  dall’altro abbiamo sopportato nel tempo diverse batoste: pensiamo ai quattro casi recenti di banche fallite, alle vicende Deiulemar, Cirio, Parmalat .... e l'elenco potrebbe continuare.

Anna Maria Lusardi, docente italiana in diverse università americane, come la prestigiosa George Washington University di Washington DC e direttrice del Global Financial Literacy Excellence Center, si batte da sempre per il tema della Financial Literacy, l’Educazione economico-finanziaria. La professoressa Lusardi spiega che “tra le economie avanzate l’Italia è il paese con il più basso livello di alfabetizzazione finanziaria, solo il 37% degli italiani conosce tre dei quattro concetti fondamentali della finanza, più che ai paesi del G7, l’Italia assomiglia ai BRICS: nel Brasile il livello della conoscenza finanziaria è altrettanto basso (35%) e nel Sud-Africa è addirittura maggiore, il 42 per cento”.

Secondo la Lusardi, il concetto che più mette in evidenza tali differenze tra Paesi è quello della diversificazione del rischio. Solo il 40% degli italiani interpellati al riguardo è stato in grado di fornire una risposta corretta, più vicini alla Grecia (36%) e alla Tunisia (37%) che all’Olanda, alla Germania o alla Svezia, dove il 70% degli intervistati ha risposto in maniera esatta. 
Eppure il gap informativo dei nostri investitori comporta conseguenze non solo sui singoli, ma provoca danni che si riversano sulla collettività: si veda ad esempio l’intervento dei governi per il salvataggio di banche o altre istituzioni finanziarie, o anche gli interventi dello Stato  per le famiglie in difficoltà finanziarie.
In America, come spiega la prof.ssa Lusardi, è stata inserita nelle scuole la financial literacy e sono stati varati numerosi programmi per istruire anche gli adulti. Purtroppo da noi questo non accade e le indagini condotte sugli studenti del Bel Paese hanno avuto gli stessi pessimi risultati.  

In Italia, fino a non molto tempo fa, esistevano essenzialmente due tipi di investimenti: da una parte Bot e Buoni Postali Fruttiferi, dall’altra il mattone. È andata avanti così per decenni, ma oggi tutto è cambiato, l’offerta è molto più ampia e la conoscenza è fondamentale. La complessità di alcuni prodotti richiede valutazioni complesse ed il “fai da te” rischia di essere pericoloso.
Prendere esempio da altri Paesi ed introdurre nelle scuole l’Educazione Finanziaria è senza dubbio la strada da percorrere, ma i risultati non sono immediati e richiedono del tempo. Per risolvere nel breve tempo le esigenze delle famiglie italiane ed evitare gli errori delle scelte emotive, é possibile intanto affidarsi ad un esperto. Chiediamo aiuto ad un professionista che ci aiuti a riconoscere e pianificare i nostri obiettivi perché “leggere, scrivere e far di conto” oggi non basta più.

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