Petrolio Yo-yo
Oggi è praticamente impossibile farne a meno, eppure il petrolio non è stato sempre utilizzato. Il primo pozzo di profondità infatti è relativamente recente ed è stato scavato in Pennsylvania (USA) nel 1859 dal famoso imprenditore John D. Rockefeller. Fino ad allora il combustibile per eccellenza era stato il carbone, unico protagonista della rivoluzione industriale, iniziata in Europa nel 1700. L’evento che ha determinato il passaggio definitivo dal carbone al nuovo combustibile, è stata l’applicazione, agli inizi del ‘900, del motore a scoppio ai veicoli. Il fabbisogno di energia nell’ultimo secolo è cresciuto come mai in precedenza: il solo petrolio nel 2012 ha coperto il 31,4% dei consumi mondiali di energia, una percentuale che sale al 52,7% se si tiene conto anche del gas.
Il suo prezzo è soggetto a forte volatilità. Quello che è accaduto negli ultimi mesi però, ha colto di sorpresa anche gli analisti più navigati. Solo nell’ottobre 2014, la Banca mondiale prevedeva un prezzo medio del petrolio WTI di 96 $ al barile per il 2015, rivelatosi invece quasi doppio rispetto a quello realmente rilevato.
Le elevate quotazioni del periodo 2011-2014, con il greggio Brent che raggiungeva medie superiori ai 108 $, hanno incoraggiato imponenti investimenti che hanno determinato un aumento dell’offerta. Gli Stati Uniti dal 2013 al 2015 hanno registrato un’esponenziale impennata della produzione, arrivando ad immettere sul mercato una quantità di carburante pari a quella estratta ogni anno dell’Iraq. La domanda però non ha seguito l'offerta: ha sostanzialmente retto, nonostante il rallentamento globale, grazie sia alla crescita del consumo di benzina, sia all'aumento delle riserve di greggio che sono ai massimi storici. Il risultato di un aumento dell'offerta non bilanciato dalla domanda è stato che i prezzi sono letteralmente crollati, segnando nel primo trimestre di quest'anno un minimo in area 25 $.
Molti analisti ritengono che, già nel corso del 2016, la produzione americana dovrà rallentare notevolmente, a causa della non-sostenibilità economica di molti pozzi; ipotesi confermata dalle statistiche di Baker Hughes rilasciate ieri che segnalano trivelle ai minimi dal 2009. Gli altri produttori, in particolare Arabia Saudita e Russia, sembra abbiano raggiunto un importante accordo per bloccare la produzione ai livelli attuali, seppur già molto elevati. Proprio settimana prossima ci sarà un vertice decisivo a Doha che dovrebbe formalizzare l'accordo per congelare l'output. Sic stantibus rebus è ragionevole pensare che già dal prossimo anno domanda ed offerta potrebbero ritornare in equilibrio.
L'incertezza è legata, in particolare, alla capacità dell'Iran di aumentare la produzione, bloccata su bassi livelli per molti anni dalle sanzioni, eliminate a gennaio. Il ministro iraniano del petrolio ribadisce infatti obiettivi ambiziosi : aumentare nei prossimi 12 mesi la produzione a 4 milioni di barili, massimo dal 2008. Gli iraniani si dimostrano aggressivi anche sul fronte dei prezzi: hanno fissato il prezzo di maggio a sconto di 2,43$ al barile sul benchmark Oman-Dubai.
E' certo che fare previsioni è molto difficile, siccome oggi il prezzo del petrolio si stabilisce sul mercato libero sulla base di una concorrenza spietata fra i diversi produttori, OPEC e non-OPEC.
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