venerdì 22 luglio 2016

Voglio comprare la "prima" casa : mutuo o leasing ?


Voglio comprare la "prima" casa : mutuo o leasing ?

Fino allo scorso anno chi desiderava acquistare la prima casa, e sfruttare le agevolazioni fiscali previste, poteva stipulare un mutuo. Oggi c'è un'ulteriore possibilità : il leasing immobiliare abitativo.

La Legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 81, legge 28 dicembre 2015 n. 208) ha introdotto nel nostro ordinamento il "leasing immobiliare abitativo" per l'acquisto della prima casa, riservandolo a richiedenti che, al momento della stipula, abbiano un reddito inferiore a 55mila euro annui. Sono previste notevoli agevolazioni fiscali, soprattutto per i richiedenti under 35 :
"• una detrazione pari al 19% delle spese sostenute relative ai canoni di leasing, nonché ai relativi oneri accessori, per un importo non superiore a 8.000 euro annui", cioè il doppio rispetto al mutuo; 
• una detrazione pari al 19% del costo di “riscatto” a fronte dell’esercizio dell’opzione finale, per un importo non superiore a 20.000 euro "(quindi un massimo di 3.800 euro)". 
Per gli over 35 la detrazione massima annuale è, come quella dei mutui, di 4mila euro, mentre il tetto limite è ridotto a 10mila sul riscatto finale. 

Quindi, scegliendo il leasing, la detrazione si applica sull'intero importo della rata, rimanendo costante lungo tutta la durata del finanziamento. Molto più conveniente dei mutui dove, invece, la detrazione si applica solo sulla quota interessi, e conseguentemente decresce con il passare degli anni, considerando che nella prassi si utilizza l'ammortamento alla francese.

Il leasing immobiliare funziona come un normale leasing : un anticipo (intorno al 10/20% dell'importo), un piano di ammortamento a rate mensili e un canone di riscatto finale (intorno 5-10% dell'importo). 

Ma cos'è il "leasing" ?  
Nella guida del Mef è ben spiegato che "con l’operazione di locazione finanziaria (leasing), a fronte della stipula del contratto: 
- il bene è acquistato, o fatto costruire, dalla società di leasing (concedente) su scelta e indicazione del cliente (utilizzatore); 
- la società di leasing mette a disposizione dell’utilizzatore il bene acquistato o fatto costruire per un determinato periodo di tempo e l’utilizzatore si impegna a pagare periodicamente dei canoni; 
- l’utilizzatore ha la facoltà di acquistare il bene (riscatto), a un prezzo predeterminato alla scadenza del contratto. Il cliente, anche se non proprietario, assume tutti i rischi e benefici legati all’utilizzo del bene (per questo motivo, di norma, nel contratto di leasing, è previsto l’obbligo a carico dell’utilizzatore di stipulare apposita polizza assicurativa per i danni subiti dall’immobile o causati a terzi).

Da un punto di vista sostanziale, il leasing immobiliare consiste in un’operazione di finanziamento che consente all’utilizzatore di ottenere l’utilizzo di un immobile e di acquistarne, al termine della durata prevista, la proprietà, grazie alla provvista messa a sua disposizione da un soggetto abilitato al credito (il concedente) dietro il pagamento di canoni periodici e del prezzo di riscatto. "

sabato 16 luglio 2016

Tassi "sottozero" : che fare ? o meglio .... cosa non fare ?



Tassi "sottozero": che fare ? o meglio .... cosa non fare ?


E' noto che, anche a causa dell’inflazione molto bassa, la BCE ha avviato una politica monetaria molto aggressiva, che si è concretizzata nell’acquisto mensile prima di 60miliardi, oggi di 80miliardi, di titoli obbligazionari; in particolare di Titoli di Stato. Questi acquisti massicci hanno schiacciato i rendimenti; talmente tanto che, per alcune scadenze, soprattutto quelle ravvicinate, i rendimenti sono andati negativi. Ad esempio, i titoli italiani con scadenza fino a 3 anni sono "sottozero". In concreto questo vuol dire che il risparmiatore che compra un Bot a sei mesi, non riceverà alla scadenza interessi ma sarà lui a pagare lo Stato.

Non conosco risparmiatori che investono per perdere, ma tutti desiderano investire per incrementare il proprio capitale, cioè per guadagnare qualcosa. Quindi penso che pochi hanno interesse ad investire su titoli che hanno rendimenti negativi. Per questo motivo una soluzione che il risparmiatore potrebbe decidere di scegliere, e qualche risparmiatore lo ha fatto, è comprare titoli di stato che hanno scadenze molto lontane. Un risparmiatore che si accontentasse del rendimento del 2%, potrebbe comprare un BTP 1.8.2039, che oggi è la prima scadenza utile ad offrire un rendimento superiore al 2%.

Il rendimento è una faccia della medaglia. L’altra faccia è il rischio. Tutte le attività finanziarie sono quotate sui mercati, o quasi tutte, e il prezzo delle attività finanziarie nel tempo oscilla, cioè si muove. Sale e scende.


Se osserviamo il grafico del citato BTP 2039 possiamo vedere che, in tre anni, il prezzo da circa 99 è salito a oltre 160 (+61,62%), per crollare in breve tempo a 125 (-21,88%) risalendo oggi in area 152 (+21,60%). Oscillazioni molto ampie. Quindi, il risparmiatore che ha comprato il BTP 2039, per avere un rendimento del 2%, si espone al rischio di perdere in conto capitale un multiplo del rendimento che ottiene.

Siccome i rendimenti sono scesi talmente tanto da andare negativi, stiamo certamente vivendo una fase "anomala". Di ciò molti risparmiatori non sono coscienti perché le persone “normali” usano la loro memoria personale come sistema di riferimento per prendere decisioni: siccome hanno sempre visto scendere i tassi immaginano che non saliranno più. Così tendono a sottovalutare le conseguenze di una salita dei tassi a partire da livelli così bassi.

Non sappiamo quando, ma purtroppo è certo che i tassi - prima o poi - saliranno. E quando accadrà sarà molto pericoloso avere in portafoglio titoli a lunghissima scadenza. Il problema è che normalmente si ha paura delle cose paurose e non di quelle pericolose.

  

sabato 9 luglio 2016

Crollo del mattone inglese: effetto Brexit.


Crollo del mattone inglese: effetto Brexit.

"Effetto Brexit sulle Borse: crollano le banche in Europa, saltano altri tre fondi immobiliari, Sterlina ai minimi da 31 anni"  titolava il 24ore qualche giorno fa. La notizia che Henderson, Columbia Threadneedle e Canada Life si erano aggiunti a Standard Life, Aviva e M&G congelando i rimborsi sui property fund  (fondi immobiliari), ha affossato i mercati.

Non è il 2007, ma quello che sta accadendo in Gran Bretagna gli somiglia molto. Era estate e negli Stati Uniti scoppiava la bolla immobiliare con banche in caduta libera, fondi immobiliari costretti a congelare i rimborsi, famiglie eccessivamente indebitate a causa di mutui concessi troppo facilmente (i celebri mutui subprime), mercato immobiliare cresciuto a dismisura. Insomma, una serie di analogie con quello che sta accadendo oggi in Inghilterra, che ci riporta indietro di quasi 10 anni.

La domanda dunque è d’obbligo: è possibile che la crisi immobiliare inglese generi un effetto domino altrettanto catastrofico?

Probabilmente no. 

Soprattutto perché le banche centrali sono già in azione. Sono molto più attente e presenti, ed hanno a disposizione numerosi sistemi per bloccare eventuali contagi. 

Inoltre, la bolla inglese ha radici molto diverse. Negli USA fu il rialzo dei tassi ed il conseguente aumento delle rate a mettere in crisi le famiglie americane, che non furono più in grado di rispettare gli impegni presi. In Gran Bretagna, invece, il problema è legato a Brexit, che ha provocato una rapida fuga degli investitori esteri, gli stessi che nel passato avevano investito oltremanica sostenendo la crescita del mercato. 

Oltre a ciò, i meccanismi che propagarono la crisi nel mondo sono sostanzialmente cambiati. Negli USA del 2007 era diffuso il sistema delle cartolarizzazioni, per cui i mutui tossici, attraverso le obbligazioni, raggiunsero tutto il globo. Questo meccanismo oggi non é presente.

Infine, l'economia inglese è molto più piccola di quella americana. 

Due gli anelli deboli.

In primo luogo le banche inglesi, che soffriranno non poco la crisi immobiliare. E a seguire le banche europee, già in difficoltà per i motivi ormai noti a tutti (sofferenze, derivati, ecc.), che difficilmente potranno uscire del tutto indenni dalla crisi di borsa che tutto questo caos scatena.

Un altro pericolo potrebbe arrivare dal blocco dei riscatti dei property fund. Gli investitori che devono far fronte alle proprie esigenze di liquidità, e che, ad oggi, non possono contare sull’uscita dai fondi immobiliari, potrebbero vendere fondi che investono in altri settori. Questi ultimi, per far fronte alle richieste di rimborso, dovrebbero liquidare le attività sottostanti, che potrebbe diventare molto difficoltoso perché i mercati, specialmente quelli obbligazionari, sono quasi del tutto illiquidi.

domenica 3 luglio 2016

Banche : effetto Brexit.



Banche : effetto Brexit.


Venerdì 24 giugno sarà ricordato a lungo, siccome la borsa di Milano ha registrato la maggiore perdita di sempre: il 12,48%. Con Popolare Emilia Romagna, Popolare Milano, Unicredit, Banco Popolare, Intesa Sanpaolo e Mediobanca che hanno chiuso con perdite superiori al 20%. Nonostante tutto il sistema europeo sia sotto pressione, gli istituti italiani continuano ad essere quelli più colpiti, soprattutto per l’incertezza sul reale valore dei crediti deteriorati.

Solo pochi mesi fa è stato istituito il Fondo Atlante che ha consentito il salvataggio della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, con un esborso complessivo di 2,5 miliardi. L'altro obiettivo di Atlante, “risolvere il problema delle sofferenze bancarie”, sembra lontano. Tanto che si discute in questi giorni di uno sdoppiamento del fondo gestito da Quaestio sgr: una gamba dedicata al salvataggio delle due banche venete; l'altra, con una dotazione al momento di 1,75 mld da aumentare a 3 - 5 mld, per l'acquisto di Npl (prestiti non performanti). Ad Atlante si è aggiunto lo "scudo" autorizzato domenica scorsa da Bruxelles: la garanzia del Tesoro sulle emissioni senior delle banche per facilitare la liquidità del sistema, con una disponibilità fino a 150 miliardi e che si attiverà solo su richiesta degli istituti di credito. Far ricorso a un’emissione senior porterebbe liquidità all’istituto, andando anche a rafforzare il patrimonio di secondo livello. Queste emissioni avrebbero l’impatto di un bond subordinato o di un ibrido: proprio per la riduzione del rischio default (in questo caso per la garanzia statale) possono essere in parte classificate come patrimonio. 

C'è da augurarsi che, dopo aver esaurito tutte le alternative possibili, si arrivi a fare finalmente la cosa giusta.

Nel 2008 l’America si trovò ad affrontare una crisi molto profonda, il mercato del credito collassò e si decise di creare un fondo per acquistare i mutui tossici. Dopo vari tentativi si capì che la sola soluzione possibile era immettere capitale pubblico nel sistema bancario. Questa soluzione ha tanti vantaggi: è rapida, e, soprattutto, ha una leva molto elevata. Infine la questione fu gestita in modo serio e meticoloso, garantendo misure di protezione per i contribuenti che, al termine dell’intera operazione, addirittura ci guadagnarono. 

Sappiamo però che le regole europee impediscono al Tesoro italiano di intervenire direttamente nel patrimonio delle banche, se non dopo aver effettuato un bail-in. Si potrebbe “aggirare” l’ostacolo semplicemente attraverso l’intervento di un altro organismo, partecipato all’80% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze: la Cassa Depositi e Prestiti. L’esempio americano potrebbe guidarci ad una soluzione rapida e definitiva del problema, attraverso poche mosse, semplici e mirate.

L’intervento statale ad oggi resta la soluzione più efficace: in questo momento il punto non dovrebbe essere la paura di “salvare i banchieri con i soldi dei contribuenti” ma “salvare i depositanti che hanno acquistato, loro malgrado, bond bancari spacciati per sicuri”.